RUBRICHE IN PROSA ALLA «DIVINA COMMEDIA»

RUBRICHE
IN PROSA 
ALLA
«DIVINA COMMEDIA»

INFERNO

Comincia la prima parte
della
Cantica,
overo
Comedia,
chiamata
Inferno,
del chiarissimo poeta Dante Alighieri di Firenze, e di quella prima
parte il canto primo. Nel quale l’autore mostra sé smarrito in una
valle e impedito da tre bestie, e come Virgilio, apparitogli, se gli
offerse per duca a trarlo di quel luogo, mostrandogli per qual via.

Comincia il canto
secondo dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore, fatta la sua invocazione, muove un dubbio a
Virgilio della sua andata. Il quale Virgilio, mostrandogli chi ‘l
mosse, e come tre benedette curan di lui nel cielo, gliel solve, e
rassicuralo, ed entrano in cammino.

Comincia il canto terzo
dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore mostra come in quello entrasse e vedesse i cattivi
piagnendo correr forte, trafitti da vespe e da mosconi; e appresso
come molte anime s’adunavano alla riva d’Acheronte, le quali tutte
Caron passava, ma lui passar non volle.

Comincia il canto
quarto dello
‘Nferno.
Nel quale l’autor mostra come si ritrovò nel primo cerchio di
quello; e quivi scrive esser quegli che per difetto di battesimo son
dannati, e dichiaragli Virgilio come giá n’avea veduti trarre
alquanti. Poi, venuti loro incontro quattro poeti, con loro entrano
in un castello, dove nobili uomini d’arme, filosofi e valorose donne
vede.

Comincia il canto
quinto dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore, discendendo nel secondo cerchio, truova Minos, e
appresso i peccatori carnali da aspro vento percossi; e quivi con
madonna Francesca da Polenta parla, e ode come con Paolo de’
Malatesti si congiugnesse per amore.

Comincia il canto sesto
dello
‘Nferno.
Nel quale l’autor discende nel terzo cerchio, nel quale sotto grave
pioggia son tormentati i gulosi. Quivi truova Cerbero, e parla con
Ciacco, il quale gli predice certe cose future a’ fiorentini divisi.


Comincia il canto
settimo dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore, scendendo nel giron quarto, truova Plutone, e
vede i prodighi e gli avari incontro a sé volger grandissimi sassi;
e Virgilio gli dimostra che cosa è la Fortuna; e quindi, scendendo
nel giron quinto, vede la padule di Stige, e in quella ode esser
tormentati gl’iracundi e gli accidiosi.

Comincia il canto
ottavo dello
‘Nferno.
Nel quale l’autor mostra che, salito sopra la barca di Flegias,
s’avventò alla banda di quella Filippo Argenti, e come, sospinto da
Virgilio nell’acqua, fu straziato dagli altri spiriti; e appresso
come, venuti alla porta di Dite, fu da’ demòni serrata nel petto a
Virgilio.

Comincia il canto nono
dello
‘Nferno.
Nel quale, poi che Virgilio ha detto che altra volta fece quel
cammino, gli mostra le tre Furie, e chiudegli gli occhi, accioché
non vegga il Gorgone. E appresso scrive come messo di Dio fece aprir
la porta, ed essi entraron dentro, e trovaro l’arche affocate degli
eretici.

Comincia il canto
decimo dello
‘Nferno.
Nel quale l’autor parla con Farinata, il quale alcuna cosa gli
predice, e solvegli alcun dubbio.

Comincia il canto
decimoprimo dello
‘Nferno.
Nel quale Virgilio mostra, dal luogo dove è in giú, lo ‘nferno
esser distinto in tre cerchi, e che gente si punisca in quegli, e
assegna la ragione per che quegli, che lasciati hanno, non son nella
cittá di Dite racchiusi.

Comincia il canto
decimosecondo dello
‘Nferno.
Nel quale mostra l’autore come Virgilio facesse partire il minotauro,
fattosi loro incontro, e rendegli la ragione d’una grotta caduta; e
come truovano i centauri, e pervengono al fiume di Flegetone, nel
quale vede bollire rubatori e tiranni; e poi Nesso il porta
dall’altra parte.

Comincia il canto
decimoterzo dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore mostra esser puniti quegli che se medesimi
uccidono, trasformati in bronchi, di ciò parlando con Piero dalle
Vigne, e appresso coloro li quali giucarono e guastarono i lor beni,
dicendo loro essere sbranati da cagne nere.

Comincia il canto
decimoquarto dello
‘Nferno.
Nel quale l’autor mostra sé esser venuto sovra un sabbione ardente,
sopra il qual piovono continue fiamme, e dove si puniscono quegli che
violentamente hanno adoperato incontro a Dio e contro alla natura, e
avanti agli altri vede punir Campaneo. Poi gli dimostra Virgilio come
d’una statua di diversi metalli si creano tutti i fiumi dello
‘nferno.

Comincia il canto
decimoquinto dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore discrive il tormento de’ sogdomiti, e truova ser
Brunetto Latino, il quale gli predice alcuna cosa della sua futura
vita.

Comincia il canto
decimosesto dello
‘Nferno.
Nel quale l’autor parla, in quel medesimo luogo che di sopra, con tre
spiriti; poi, data una corda a Virgilio, mostra come egli, con quella
pescando, facesse venir fuor Gerione.

Comincia il canto
decimosettimo dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore discrive la forma della fraude e il tormento degli
usurieri, e come, saliti sovra Gerione, passarono il fiume.

Comincia il canto
decimottavo dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore prima discrive come sia fatto Malebolge; e
appresso mostra come i ruffiani siano con iscuriate battuti da
demòni; e ultimamente come i lusinghieri piangano in uno sterco.

Comincia il canto
decimonono dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore, disceso nella terza bolgia, dimostra qual sia il
tormento de’ simoniaci, e parla con papa Niccola, il quale gli
predice d’alcun papa futuro simoniaco; e quindi esclama l’autore
contro al detto papa.


Comincia il canto
vigesimo dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore discende nella quarta bolgia, nella qual truova
coloro li quali vollero antivedere, fatturieri e maliosi, tutti
travolti; e alcuna cosa parla della origine di Mantova.

Comincia il canto
vigesimoprimo dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore, venuto nella quinta bolgia, mostra come in una
bogliente pegola si puniscano i barattieri e come in quella è
gittato un lucchese; e come, volendo andare avanti, son dati loro
dieci diavoli in compagnia.

Comincia il canto
vigesimosecondo dello
‘Nferno.
Nel quale l’autor discrive come i dimòni presero con gli uncini un
navarrese, il quale, alcune cose raccontate, subito si gittò nella
pegola; per lo qual ripigliare i demòni, volando sopra la pece,
s’impegolarono.

Comincia il canto
vigesimoterzo dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore scrive come, temendo de’ dimòni, li quali
impacciati avean lasciati, Virgilio il ne portò nella sesta bolgia,
dove trovarono gl’ipocriti, vestiti di cappe rance.


Comincia il canto
vigesimoquarto dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore mostra come trapassasse nella settima bolgia,
nella quale trova i ladroni, tormentati variamente da serpi, tra’
quali primieramente truova Vanni Fucci, il quale alcuna cosa gli
predice.

Comincia il canto
vigesimoquinto dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore nella sopradetta bolgia mostra come, veduto Caco,
vide certi fiorentini trasformarsi maravigliosamente in diverse
forme.

Comincia il canto
vigesimosesto dello
‘Nferno.
Nel quale mostra l’autore come pervenne all’ottava bolgia, nella qual
dice esser puniti i frodolenti consiglieri in fiamme di fuoco; e
quivi ode da Ulisse il fine suo.

Comincia il canto
vigesimosettimo dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore nella sopradetta bolgia discrive aver trovato il
conte Guido da Monte Feltro, a cui racconta lo stato di Romagna, e
ode le colpe sue.

Comincia il canto
vigesimottavo dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore dimostra nella nona bolgia con l’esser tutti
tagliati punirsi i scismatici; e quivi, riconosciutine molti, parla
con Beltram dal Bornio, e con certi altri.

Comincia il canto
vigesimonono dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore, disceso nella decima bolgia, mostra primieramente
come in quella, essendo maculati di rogna e di scabbia, si puniscano
gli alchimisti; e quivi parla con Capocchio d’Arezzo; poi, piú
avanti, mostra con altre pene punirsi ogni falsario.

Comincia il canto
trigesimo dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore, continuando nella predetta bolgia, ne nomina
alquanti, e tra gli altri maestro Adamo, discrivendo la riotta stata
tra ‘l maestro Adamo e Simon greco in sua presenza.

Comincia il canto
trigesimoprimo dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore dimostra sé esser pervenuto al pozzo dello
abisso, e quello essere intorniato di giganti, e sé con Virgilio
essere da Anteo disposti nel nono ed ultimo cerchio dello ‘nferno.

Comincia il canto
trigesimosecondo dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore, andando per la Caina, dove nel ghiaccio si
puniscono coloro che tradiscono i fratelli e’ congiunti, parlando con
Camiscion de’ Pazzi, n’ode piú nominare. E poi, procedendo
nell’Antenora, dove in simil pena si puniscon coloro che tradiscon le
lor cittá, truova Bocca degli Abati, il quale piú altri gli nomina
dannati in quel luogo; e ultimamente vede il conte Ugolino rodere la
testa di dietro all’arcivescovo Ruggieri.

Comincia il canto
trigesimoterzo dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore, udita la ragione e ‘l modo della morte del conte
Ugolino, procedendo nella Ptolomea, truova frate Alberigo, il quale
gli dice quivi cader l’anime, parendo qua sú ancora il corpo vivo.


Comincia il canto
trigesimoquarto dello
‘Nferno.
Nel quale l’autore passa nella Giudeca, e vede il Lucifero e Giuda
Scariotto e altri spiriti; e quindi, appigliatosi Virgilio a’ velli
del Lucifero, si cala e esce dello ‘nferno; e, per luoghi vacui
procedendo, perviene a riveder le stelle.

Qui finisce la prima
parte della
Cantica,
over
Comedia,
di Dante Alighieri, chiamata
Inferno.


PURGATORIO

Comincia la seconda
parte della
Cantica,
overo
Comedia,
chiamata
Purgatorio,
del chiarissimo poeta Dante Alighieri di Firenze. E di quella seconda
parte comincia il canto primo. Nel quale l’autore, fatta la sua
invocazione, discrive sotto qual parte del cielo sia la regione dove
arrivò; e quindi, trovato Catone uticense e il suo cammin
dimostratogli, ne va alla marina, dove Virgilio, secondo il
comandamento di Catone, gli lava il viso e cignelo d’un giunco.

Comincia il canto
secondo del
Purgatoro.
Nel quale l’autore mostra come, essendo alla marina piú spiriti
arrivati e smontati in terra, tra essi riconobbe il Casella, ottimo
cantatore, al canto del quale mentre essi stavano tutti attenti,
sopra venne Catone, dal quale ripresi, tutti verso il monte
cominciarono a fuggire.

Comincia il canto terzo
del
Purgatoro.
Nel quale Virgilio mostra perché egli come Dante non faccia ombra.
Appresso, al cominciar dell’erta, truovano il re Manfredi con piú
altri, della porta del purgatoro schiusi a tempo, percioché morirono
scomunicati.

Comincia il canto
quarto del
Purgatoro.
Nel quale Virgilio mostra la ragione all’autore, per che quivi dal
sole sieno feriti in su l’ómero destro. Poi truova Belacqua con
quegli che in sin lo stremo indugiaron la penitenza.

Comincia il canto
quinto del
Purgatoro.
Nel quale l’autor mostra aver trovato Bonconte di Monte Feltro e
altri assai, stati per forza uccisi e indugiatisi ad pentere in fino
a l’ultima ora.

Comincia il canto sesto
del
Purgatoro.
Nel qual Virgilio solve a l’autore un dubbio mossogli del pregare che
gli spiriti faceano che per lor si pregasse. Poi truovan Sordello da
Mantova, e appresso l’autore parla contro ad Italia; e ultimamente
contro a Fiorenza.

Comincia il canto
settimo del
Purgatoro.
Nel quale l’autor mostra come, poi s’ebber fatta festa insieme
Virgilio e Sordello, che Sordello gli menasse in un grembo del monte,
dove vide Ridolfo imperadore e piú altri magnifichi spiriti.

Comincia il canto
ottavo del
Purgatoro.
Nel quale l’autor mostra come due angeli discesero da cielo a guardia
del luogo dove erano; e appresso come truova giudice Nino e Currado
marchese Malespina, con li quali alquanto parla.

Comincia il canto nono
del
Purgatoro.
Nel quale l’autor dimostra come, adormentatosi, gli parve da una
aquila esser portato infino al fuoco; per che destatosi, si trovò
presso alla porta del purgatoro, dove, secondo che Virgilio gli dice,
l’avea portato una donna. E quindi dice sé essere andato alla detta
porta, la quale discrive come fatta sia, e similmente uno angelo che
sopra quella stava, e come gli scrivesse sette P nella fronte e
dentro il mettesse.

Comincia il canto
decimo del
Purgatoro.
Nel quale l’autore dimostra che, entrato dentro a quello, vedesse
intagliate nella ripa del monte certe istorie d’umiltá, e poi
vedesse anime chinate sotto gravi pesi andare dintorno.


Comincia il canto
decimoprimo del
Purgatoro.
Nel quale l’autor mostra come, trovati spiriti che sotto gravi pesi
purgavano il peccato della superbia, parla con Uberto Aldobrandesco e
con Odorigi da Gobbio; e alquanto grida contro alla vanagloria umana.

Comincia il canto
decimosecondo del
Purgatoro.
Nel quale l’autore dimostra l’abbattimento di molti superbi essergli
apparito scolpito nel pavimento; e appresso, invitati a salire nel
secondo girone da uno angelo, gli è uno de’ sette P levato dalla
fronte.

Comincia il canto
decimoterzo del
Purgatoro.
Nel quale l’autore, venuto nel secondo girone dove si purga il
peccato della ‘nvidia, ode certe voci, mosse da caritá; poi truova
spiriti a sedere, vestiti tutti di ciliccio e con gli occhi cigliati,
tra’ quali Sapia gli favella.

Comincia il canto
decimoquarto del
Purgatoro.
Nel quale l’autore nel predetto girone parla con Guido del Duca, il
quale, abbominata la valle d’Arno, predice alcune cose del nepote di
Rinier da Calvoli; e poi si duole di piú valenti uomini romagnuoli,
venuti meno; poi ode voci in detestazion della ‘nvidia.

Comincia il canto
decimoquinto del
Purgatoro.
Nel quale l’autor mostra come, invitati da uno agnolo a salir nel
terzo girone, Virgilio gli solve un dubbio, natogli per parole di
Guido del Duca; poi mostra sé avere per vision vedute certe cose
dimostranti mansuetudine, e, nel giron pervenuti, dice cominciarsi
lor sopra un gran fummo.

Comincia il canto
decimosesto del
Purgatoro.
Nel quale l’autor mostra come, entrato nel fummo del terzo girone,
dove si purga il peccato dell’ira, truova Marco Lombardo, il quale
ragiona con lui del mondo ch’è guasto e della cagione.

Comincia il canto
decimosettimo del
Purgatoro.
Nel quale l’autor mostra come, vedute certe cose in visione, le quali
sono in detestazion dell’ira, Virgilio gli aperse che cosa è amore e
di quante spezie, essendo essi pervenuti nel quarto girone, dove si
purga l’amore del bene scemo.

Comincia il canto
decimottavo del
Purgatoro.
Nel quale l’autore mostra ancora come amore in noi si crea. E
appresso ode cose ad incitare la sollecitudine; e poi parla con
l’abate di San Zeno da Verona, e ultimamente ode cose in vitupèro
della pigrizia.

Comincia il canto
decimonono del
Purgatoro.
Nel quale l’autore discrive una vision d’una femina contrafatta,
veduta da lui; e appresso come perviene nel quinto girone, ove si
purga il peccato dell’avarizia; e quivi truova peccatori a giacere
vòlti in giú e legati, e parla con un papa di que’ dal Fiesco.

Comincia il canto
vigesimo del
Purgatoro.
Nel quale l’autore mostra d’aver parlato tra gli avari con Ugo
Ciappetta, il quale gli dice come di lui son discesi li presenti
reali di Francia, e, oltre a ciò, alcune vituperevoli opere fatte e
che far debbono, e, oltre a ciò, gli mostra come il dí cantano
laudevoli cose della povertá, e la notte vituperevoli dell’avarizia;
e ultimamente come sentí tutto tremare il monte.

Comincia il canto
vigesimoprimo del
Purgatoro.
Nel quale l’autor mostra come Stazio, apparito tra loro, dice la
cagion del tremar del monte, e poi se medesimo manifesta, e conosce
Virgilio.

Comincia il canto
vigesimosecondo del
Purgatoro.
Nel quale l’autore mostra come, venuti nel sesto girone, e andando
Virgilio e Stazio ragionando di varie cose, trovarono uno albero
nella strada, del quale sentîro certe voci venire verso loro, le
quali sonavano in laude della sobrietá.

Comincia il canto
vigesimoterzo del
Purgatoro.
Nel quale l’autore mostra purgarsi il vizio della gola; e, trovato
Forese Donati, ode da lui certe cose, e, tra l’altre, alcune cose
future, contra la disonestá delle donne fiorentine.


Comincia il canto
vigesimoquarto del
Purgatoro.
Nel quale l’autore, continuando il suo ragionar con Forese, ode
nominare piú altri spiriti che quivi erano, tra’ quali Bonagiunta
Orbicciani gli predice lui doversi innamorare in Lucca, e similmente
Forese il disfacimento d’alcun fiorentino. Poi truova un altro
albero, e ode cose in vitupèro della gola, e da uno agnolo sono
inviati al girone superiore.

Comincia il canto vigesimoquinto del Purgatoro.
Nel quale l’autore scrive come Stazio, per dichiarargli come si
dimagri dove non è uopo di nudrimento, gli disegna come generati
siamo, e come dopo la morte i nostri spiriti piglin corpo dell’aere.
E appresso dice l’autore come nel settimo giron pervennero, nel quale
in fiamme dice si purga il peccato della lussuria.

Comincia il canto
vigesimosesto del
Purgatoro.
Nel quale l’autore mostra nelle fiamme aver piú spiriti veduti, e
tra gli altri riconosciuto Guido Guinizelli e Arnaldo, e parlato con
loro.

Comincia il canto
vigesimosettimo del
Purgatoro.
Nel quale l’autor mostra come, passato un fuoco, e veduta la notte
una visione, pervenne in su la sommitá del monte, dove Virgilio in
suo arbitrio rimise che quel facesse che piú gli aggradisse.

Comincia il canto
vigesimottavo del
Purgatoro.
Nel quale l’autore mostra come, pervenuto nel paradiso delle delizie,
truova il fiume di Letè; e, parlando con una donna che da l’altra
parte del fiume gli apparve, ode da lei la cagione che fa muovere le
frondi degli alberi di quel luogo; e mostragli l’origine di Letè e
d’Eunoè.

Comincia il canto
vigesimonono del
Purgatoro.
Nel quale l’autor disegna come venir vedesse il celestial triunfo.

Comincia il canto
trigesimo del
Purgatoro.
Nel quale l’autore dimostra come Beatrice sopra il triunfal carro gli
apparí, e come, essendo Virgilio partito, ella il chiamò per nome e
gravemente il riprese, mostrando poi alle sante creature, che
dintorno al carro erano, perché degno era di riprensione.

Comincia il canto
trigesimoprimo del
Purgatoro.
Nel quale l’autore distesamente discrive la grave riprension fattagli
da Beatrice, e il dolore che per quella sentí; e appresso come, fuor
di sé essendo e risentendosi, si trovò tirato dalla donna, che
prima trovata avea, nel fiume, e in quello da lei tuffato; e avendo
dell’acqua bevuta, fu dalle quattro donne presentato a Beatrice, e
come lei, levato dal viso il velo, apertamente vide.

Comincia il canto
trigesimosecondo del
Purgatoro.
Nel quale l’autore discrive come il triunfo celeste si volse a
tornare indietro, e come, ad un albero senza foglie smontata Beatrice
del carro, esso vi fu legato dal grifone; e appresso come
s’addormentò, e, svegliato, vide il grifone esser partito e Beatrice
rimasa, la quale gli fa rimirare il carro, sopra ‘l quale per figura
vede certe cose alla Chiesa di Dio avvenute e che doveano avvenire.

Comincia il canto
trigesimoterzo del
Purgatoro.
Nel quale l’autore significa certe cose future a lui da Beatrice
predette, e come, da Matelda bagnato in Eunoè, puro tornò a
Beatrice.

Qui finisce la seconda
parte della
Cantica,
overo
Commedia,
di Dante Alighieri, chiamata
Purgatoro.

PARADISO

Comincia la terza parte
della Cantica, overo Comedia, chiamata Paradiso, del chiarissimo
poeta Dante Alighieri di Firenze. E di questa terza parte comincia il
canto primo. Nel quale l’autore, poi che dimostrato ha sommariamente
quello che in essa intende di trattare e fatta la sua 
invocazione, discrive
come appresso a Beatrice se ne salisse nel primo cielo, e come ella
gli solvesse un dubbio per lo suo veloce montare venutogli.

Comincia il canto
secondo del Paradiso. Nel quale l’autore, poi che a quegli che meno
sofficienti sono alla presente considerazione ha detto che si
rimangano, dimostra la cagione de’ segni bui, li quali nel corpo
della luna veggiamo.

Comincia il canto terzo
del
Paradiso.
Nel quale l’autore parla con madonna Piccarda; e ella gli solve un
dubbio, mostrandogli ciascuna anima esser contenta nel luogo dove
posta è in paradiso; e poi gli mostra Costanza imperadrice.

Comincia il canto
quarto del
Paradiso.
Nel quale Beatrice solve il dubbio della doppia volontá e del tornar
dell’anime alle stelle.

Comincia il canto
quinto del
Paradiso.
Nel quale Beatrice dichiara all’autore se per alcuna permutazione si
può adempiere il boto fatto. E quindi, saliti nel secondo cielo,
vede l’autore molti spiriti gloriosi, de’ quali uno, offertoglisi,
domanda chi el sia.

Comincia il canto sesto
del
Paradiso.
Nel quale Giustiniano imperadore se medesimo manifesta all’autore,
mostrando appresso molte cose magnifiche fatte sotto il segno
dell’aquila, e quanto falli chi quello senza giustizia s’apropri; e
ultimamente dice quivi esser l’anima di Romeo.

Comincia il canto
settimo del
Paradiso.
Nel quale Beatrice chiarisce all’autore come giusta vendetta fosse
giustamente vengiata; e appresso perché a Dio, a rilevare l’umana
generazione dalla colpa del primo padre, piacque piú di dare se
medesimo che altro modo; e ultimamente perché gli elementi sieno
corruttibili.

Comincia il canto
ottavo del
Paradiso.
Nel quale l’autor mostra come salisser nel terzo cielo; e quivi parla
con Carlo Martello, il quale gli dichiara come di dolce seme possa
nascere amaro frutto.

Comincia il canto nono
del
Paradiso.
Nel quale l’autor discrive come madonna Cuniza alcune cose gli
predice contra i lombardi, e appresso Folco contro a’ pastori della
Chiesa.

Comincia il canto
decimo del
Paradiso.
Nel quale l’autor discrive come nel cielo del sole pervenissero, dove
gli parla Tommaso d’Aquino, e nominagli piú altri spiriti, li quali
tutti furon gran letterati; e tra gli altri gli nomina Alberto di
Cologna, Salomone e Boezio.

Comincia il canto
decimoprimo del
Paradiso.
Nel quale Tommaso d’Aquino mirabilmente commendando onora san
Francesco.

Comincia il canto
decimosecondo del
Paradiso.
Nel quale Bonaventura da Bagnorea mirabilmente parla di san Domenico,
e nomina piú altri beati spiriti, li quali quivi dice gloriarsi.

Comincia il canto
decimoterzo del
Paradiso.
Nel quale l’autore mostra come san Tommaso d’Aquino gli chiarisse
quello che di Salamon detto avea: «non surse il secondo».

Comincia il canto
decimoquarto del
Paradiso.
Nel quale primieramente l’autore mostra come chiarito fosse come,
dopo la universal resurrezione, i santi avranno quello medesimo
splendore che al presente hanno, e forza visiva a riguardarlo; e
appresso come, nel quinto cielo salito, vide in quello una croce, e
in quella lampeggiar Cristo.

Comincia il canto
decimoquinto del
Paradiso.
Nel quale l’autore mostra come con festa ricevuto fosse da messer
Cacciaguida, suo antico, e come da lui udisse certe cose degli
antichi costumi fiorentini, e dove e a che tempo nascesse, e dove
abitasse, e poi morisse.


Comincia il canto
decimosesto del
Paradiso.
Nel quale messer Cacciaguida mostra all’autore quali fossero le piú
notabili famiglie di Firenze al suo tempo.

Comincia il canto
decimosettimo del
Paradiso.
Nel quale messer Cacciaguida, domandato, predice all’autore il suo
futuro esilio, e che per quello gli debba seguire; e confortalo a
scrivere le cose vedute e udite, a cui che elle si debbano parer
gravi.

Comincia il canto
decimottavo del
Paradiso.
Nel quale messer Cacciaguida nomina piú famosi spiriti che in quello
cielo son gloriosi. E appresso l’autore, mostrato come nel sesto
cielo salito sia, discrive molti santi spiriti ne’ loro movimenti
fare diverse figure di lettere, e quelle finire in una M, e di quella
farsi una aquila.

Comincia il canto
decimonono del
Paradiso.
Nel quale mostra l’autor dalla sopradetta aquila essergli dichiarato
quello che creder [si de’] d’uno non battezzato e che mai di Cristo
alcuna cosa non udí ragionare, ma per ogni altra cosa è buono; e
ultimamente quello che contro a piú cristiani dicesse la predetta
aquila.

Comincia il canto
vigesimo del
Paradiso.
Nel quale l’autor discrive come la detta aquila gli nominò alquanti
degli spiriti che in essa erano gloriosi; e appresso gli mostrò come
Traiano imperadore e Rifeo troiano, li quali da lei erano stati
nominati, non moriron pagani come esso stimava.

Comincia il canto
vigesimoprimo del
Paradiso.
Nel quale l’autor dimostra come, pervenuto nel settimo cielo, vide
una scala altissima, per la quale salivano e scendevano molti
spiriti; de’ quali venne a lui Pietro Dammiano, il quale, ad alcuna
sua domanda avendo risposto, alcune cose dice contro a’ pastori della
Chiesa.

Comincia il canto
vigesimosecondo del
Paradiso.
Nel quale l’autore narra come parlò con san Benedetto, il quale piú
altri santi spiriti contemplativi gli nominò, e piú cose gli disse
in vitupèro de’ presenti religiosi; poi dietro a lui su per la scala
se ne salí nell’ottavo cielo; e quindi vòlto in giú, discrive
quali vedesse la terra e tutti gli altri cieli.

Comincia il canto
vigesimoterzo del
Paradiso.
Nel quale l’autore discrive come la celeste milizia mirabil festa
facesse dintorno alla Vergine Maria.

Comincia il canto
vigesimoquarto del
Paradiso.
Nel quale l’autore, con san Pietro parlando, mostra quello che è
fede e quello ch’e’ crede.

Comincia il canto
vigesimoquinto del
Paradiso.
Nel quale l’autore scrive come, da sa’ Iacopo apostolo domandato,
dice che cosa è speranza; e appresso come, essendo sopravenuto san
Giovanni evangelista, ode da lui non essere in cielo alcuno altro col
proprio corpo che Cristo e la madre.

Comincia il canto
vigesimosesto del
Paradiso.
Nel quale l’autore, a domanda di san Giovanni evangelista, dice che
cosa è caritá; e appresso come, con Adam parlando, da lui ode
quando creato fosse, quanto vivesse, e dove.

Comincia il canto
vigesimosettimo del
Paradiso.
Nel quale l’autore primieramente racconta parole dette da san Piero
contro alli moderni pastori; e appresso discrive come pervenisse nel
nono cielo.

Comincia il canto
vigesimottavo del
Paradiso.
Nel quale l’autore discrive la gloriosa festa de’ nove cori degli
angeli.

Comincia il canto
vigesimonono del
Paradiso.
Nel quale Beatrice dimostra all’autore l’ordine della creazione delle
cose; e appresso ragiona della natura angelica; e ultimamente parla
contro alla vanitá d’assai moderni predicatori.


Comincia il canto
trigesimo del
Paradiso.
Nel quale l’autore scrive sé esser salito nel decimo cielo; dove
prima in forma d’un fiume, poi in forma d’una rosa, vede la celeste
corte, e in quella la sedia d’Arrigo imperadore; del quale e di
Clemente papa Beatrice alcuna cosa gli predice.

Comincia il canto
trigesimoprimo del
Paradiso.
Nel quale l’autore dice come, in luogo di Beatrice, trovò san
Bernardo, il quale gli mostrò lei sedere nel luogo a’ suoi meriti
sortito; ed egli le fece orazione; poi, dicendogliel san Bernardo,
volse gli occhi alla letizia de’ gloriosi.

Comincia il canto
trigesimosecondo del
Paradiso.
Nel quale l’autor narra come san Bernardo gli mostrasse la Vergine
Maria e Eva e nominatamente piú altri santi uomini e donne, e la
letizia dell’agnolo Gabriello, e poi lui ad orare con seco, per
grazia impetrar, disponesse.

Comincia il canto
trigesimoterzo del
Paradiso.
Nel quale discrive l’autore l’orazione fatta da san Bernardo, e come
con lo sguardo penetrasse alla divina essenzia; e fa fine.

Qui finisce la terza e
ultima parte della
Cantica,
overo
Commedia,
di Dante Alighieri, chiamata
Paradiso.