XVI. GARA DI POETI PER L’EPITAFIO DI DANTE. XVII. Epitafio.

XVI.

GARA DI POETI PER L’EPITAFIO DI DANTE.

Questo laudevole proponimento infra brieve spazio di tempo fu manifesto ad alquanti, li quali in quel tempo erano in poesí solennissimi in Romagna; per che ciascuno per mostrare la sua sofficienzia, sí per rendere testimonianza della portata benivolenzia da loro al morto poeta, sí per captare la grazia e l’amore del signore, il quale ciò sapevano disiderare, ciascuno per sé fece versi, li quali, posti per epitafio alla futura sepultura. con debite lode facessero la posteritá certa chi dentro da essa giacesse; e al magnifico signore gli mandarono. Il quale con gran peccato della fortuna non dopo molto tempo, toltogli lo Stato, si morí a Bologna; per la qual cosa e il fare il sepolcro e il porvi li mandati versi si rimase. Li quali versi stati a me mostrati poi piú tempo appresso, e veggendo loro avere avuto luogo per lo caso giá dimostrato, pensando le presenti cose per me scritte, comeché sepoltura non sieno corporale, ma sieno, sí come quella sarebbe stata, perpetue conservatrici della colui memoria; imaginai non essere sconvenevole quegli aggiugnere a queste cose. Ma, percioché piú che quegli che l’uno di coloro avesse fatti (che furon piú) non si sarebbero ne’ marmi intagliati, cosí solamente quegli d’uno qui estimai che fosser da scrivere; per che, tutti meco esaminatigli, per arte e per intendimento piú degni estimai che fossero quattordici fattine da maestro Giovanni del Virgilio bolognese, allora famosissimo e gran poeta, e di Dante stato singularissimo amico; li quali sono questi appresso scritti:

XVII. EPITAFIO.

XVI.  GARA DI POETI PER L'EPITAFIO DI DANTE. XVII. Epitafio.



Theologus
Dantes, nullius dogmatis expers,


quod
foveat claro philosophia sinu:


gloria
musarum, vulgo gratissimus auctor,


hic
iacet, et fama pulsat utrumque polum:


qui
loca defunctis gladiis regnumque gemellis


distribuit,
laicis rhetoricisque modis.


Pascua
Pieriis demum resonabat avenis;


Atropos
heu laetum livida rupit opus.


Huic
ingrata tulit tristem Florentia fructum,


exilium,
vati patria cruda suo.


Quem
pia Guidonis gremio Ravenna Novelli


gaudet
honorati continuisse ducis,


mille
trecentenis ter septem Numinis annis,


ad
sua septembris idibus astra redit.